I palazzi gentilizi e la borghesia mercantile

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Dei dodici palazzi e delle dodici piazze destinate ai conti normanni che costituivano il parlamento comitale della capitale nel 1041 non si ha più notizia. Probabilmente sono crollati a seguito dei numerosi terremoti o sono stati smembrati e accorpati nel corso delle molteplici variazioni dell’assetto urbano della cittadella normanna, nella parte occidentale dell’attuale città murata.

Invece, durante i quattro secoli di permanenza dei feudatari Doria, a Melfi operarono numerose famiglie gentilizie che alimentarono la presenza di una borghesia mercantile attiva ed eminente, iniziata già con i fiorentini al seguito di Niccolò Acciaioli in epoca angioina e proseguita in epoca aragonese, prima con famiglie di origine napoletana come i Tisbi, i Gallo e i Mandina, poi con i commercianti lanieri di origine bergamasca come i Grigis e i Donadoni, attirati dal commercio che ruotava intorno alla Dogana delle Pecore di Foggia.

I nuovi palazzi borghesi si svilupparono soprattutto nei nuovi quartieri commerciali o di espansione, come la cosiddetta Terra Nova tra la cattedrale e il convento di San Francesco, un tempo riservata alle comunità albanesi. Essi si aggiunsero ai palazzi pubblici rappresentativi del potere tradizionale, come il Palazzo della Corte e il Palazzo Vescovile.

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