Le chiese a dedicazione bizantina e i Templari di Melfi

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Tra le chiese più antiche di Melfi, quasi tutte scomparse, molte erano dedicate ai santi della tradizione bizantina come San Michele, Santa Lucia, San Nicola, San Dionisio, San Biagio e Sant’Andrea. Ad eccezione dell’ancora esistente chiesa di Santa Lucia, l’ubicazione delle altre chiese è riconoscibile ormai soltanto grazie alla toponomastica cittadina, poiché a esse corrispondono i nomi di altrettanti vicoli lungo i quali si trovavano. Della chiesa di San Dionisio è ancora visibile parte del porticato nell’omonimo vicolo, mentre della chiesa di Sant’Andrea esiste tuttora la parete absidale, oggi destinata ad abitazione privata lungo vico Neve.

Discorso a parte merita la chiesa di San Nicola de la Platea, ossia della piazza, oggi non più esistente ma sul cui sito fu poi edificata un’altra chiesa dedicata allo stesso santo vescovo, sconsacrata da alcuni anni e destinata a salone parrocchiale. La chiesa fungeva da nodo fortificato al termine della prima cinta muraria, tra l’antico accesso bizantino e normanno di vico Pendino e il primo asse viario di ampliamento esterno alle prime mura, costituito da via San Lorenzo e che sfociava nell’allora spiazzo extra murario oggi occupato da piazza Umberto I.

Per lungo tempo la chiesa di San Nicola fu un possedimento dei cavalieri Templari. Un antico documento la elenca infatti tra le proprietà dell’Ordine, insieme ai possedimenti limitrofi costituiti da abitazioni e orti collocati tra la chiesa stessa e la via pubblica, probabilmente dove oggi sorge piazza Umberto I.

Sempre in base a questo documento presentato nel 1998 i Templari possedevano a Melfi numerose altre proprietà, tra cui tre staciones in località Albana, una domus nella parrocchia di S. Adenio e un’altra domus con vigna nella terra che fu di Alibrando di Melfi, due cripte con orto presso i Balnea e un tenimento presso l’antica località di Cisterna.

Nel 1201 un certo Giovanni Caetani, consanguineo di re Manfredi e avo di papa Bonifacio VIII, con un testamento redatto a Melfi, dona alla Domus Templi di questa città alcune sue proprietà nella città di Napoli, vicino ad altre proprietà già nella disponibilità della domus melfitana. Ciò dimostra che in epoca federiciana la precettoria templare di Melfi era potentissima e aveva giurisdizione fino a Napoli, città all’epoca meno importante di Melfi, almeno sotto questo profilo.

In effetti nel documento il precettore della casa melfitana, un certo frate Luca, viene chiamato reverendo comanderio: si tratta di un titolo particolarmente insigne, destinato soltanto ai capi dell’Ordine residenti in zone di combattimento, come la Terrasanta o Cipro.

Da qui partiva la principale via esterna verso la valle, oggi via Nitti: quindi si controllava tutto il traffico in entrata e uscita dalla città, che in epoca bizantina e normanna fu un’importantissima roccaforte militare. Per questa sua importanza strategica la chiesa di San Nicola fu a lungo detenuta dagli ordini cavallereschi tra cui i Templari e meriterebbe perciò adeguate indagini archeologiche, come sta già avvenendo per l’altrettanto antica chiesa di San Lorenzo.

Tra le chiese antiche tuttora esistenti di ascendenza bizantina si ricorda quella di San Teodoro, aperta su una piazzetta lungo l’antica scesa delle Gradelle, che dal castello conduceva a valle verso la piazza della corte.