La tomba dei due cavalieri

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La seconda parte del salone delle Scodelle, già visibile dall’ingresso, è dedicata agli importanti scavi archeologici di Forentum, alcuni dei quali molto recenti, che si riferiscono all’ultimo periodo cronologico dell’età pre-romana.

L’epoca interessata vede intensificarsi gli scambi commerciali tra le colonie greche di Ionio e Tirreno, gli Etruschi campani e i Dauni che abitavano soprattutto le piane pugliesi settentrionali. In particolare l’area di Forentum si apriva a sud verso la valle del Bradano, che conduceva a Metaponto.

Il guerriero sepolto era di alto rango, come si vede dal ricco corredo composto da numerose lance, forse bottino di guerra, nonché da vasi dauni finemente decorati con geometrie in rosso e bruno e bacili di fattura etrusca forse provenienti dall’area di Capua.

Anche in questa tomba si evidenzia il banchetto funebre rituale, con la presenza di spiedi per carni arrostite, secondo il costume greco.

Il vasellame rituale è particolarmente raffinato, dimostrando l’ottimo livello tecnico raggiunto dalle officine locali daunie del cosiddetto “gruppo di xenon”. Ad esempio, in un corredo particolarmente sono presenti una grande olla, due vasi in bronzo per cerimonie rituali e alcuni elementi della cosiddetta panoplia, cioè l’insieme delle armi metalliche di un guerriero (elmo, spada, lancia, scudo e simili).

Di particolare pregio è un’oinochoe dipinta in rosso con scene di spartizione delle carni di un cinghiale da parte di un sacerdote chiamato mageiros, armato di un coltellaccio detto machaira. Nella scena è presenta anche un tavolo, o trapeza, su cui è poggiata una parte delle carni e sotto il quale si trova una bilancia, necessaria a garantire l’equa spartizione tra i commensali. Tutta la scena è tipica di usanze proprie del ceto aristocratico.

Tra gli oggetti d’importazione si evidenzia uno skyphos, che rappresenta una scena dei misteri Eleusini della primavera. Questi si celebravano annualmente al santuario di Demetra in Attica. In particolare sul vaso è raffigurata la dea Kore, figlia di Demetra, mentre fugge da Ade che vuole condurla come sposa nell’Oltretomba.

Nella tomba di un altro guerriero è stata ritrovata una coppa in cui è rappresentata una coppia che fronteggia due cavalli in posizione seduta. L’uomo tiene in mano un bastone, mentre con l’altra mano cinge i fianchi della compagna, che a sua volta regge alcune offerte in una mano, mentre l’altra è rivolta ai cavalli. La figura potrebbe essere una potnia hippon, cioè una signora dei cavalli”: una divinità daunia responsabile di accompagnare i defunti nell’Oltretomba.

L’importanza dei cavalli per le genti daunie è notevole, anche in relazione all’eroe Diomede, considerato il padre mitico di questo popolo, noto per essere allevatore e domatore di cavalli.

Della panoplia dei due guerrieri di Forentum si evidenziano, per il primo, i paracaviglie in bronzo e il grande scudo argivo in legno e cuoio rivestito di bronzo. Per il secondo, l’elmo di foggia romana, un cinturone, una corazza anatomica da parata, grandi schinieri, armi da offesa, il morso equino e il prometopidion, cioè la maschera per il muso del cavallo.

Del corredo ceramico fanno parte vasi policromi decorati con volti femminili, figure panneggiate, cavalli e colombe, ma anche un podanipter, oinochoai e kantharoi a figure rosse realizzati dal Pittore canosino del Sakkos Bianco nel IV secolo a.C., con raffigurazioni di bighe e quadrighe guidate da personaggi femminili alati per la glorificazione del defunto, seduto all’interno di un tempietto (naiskos).

Tutti questi oggetti documentano la trasformazione della società daunia alla fine del IV secolo a.C., con la presenza di un elmo di tipo romano a fianco al vasellame tradizionale.

Nella sala successiva, detta del camino, è presentata la storia del castello di Melfi e dei suoi restauri. Nell’angolo della sala si trovano i servizi igienici.

Il percorso prosegue e si conclude con le cosiddette sale rosse, cinque salette dedicate a Forentum, che custodiscono reperti tombali e una descrizione degli stretti rapporti dell’area del Melfese con l’importante centro daunio di Canusium (Canosa) e i suoi laboratori ceramici di elevato pregio.