Banzi, lo scudo di bronzo e l’eroe con la corona d’oro

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Preseguendo lungo il percorso, superate le due sale dedicate agli scavi di Forentum, ci si sposta in un altro sito di grande importanza archeologica lungo la valle del Bradano: Banzi. Ai reperti di questa città sono riservate le due salette ad angolo, prima di accedere al salone della quadreria Doria.

Banzi si sviluppa su un pianoro al confine tra Apulia e Lucania, lungo la valle del fiume Bradano. La città daunia si trovava nello stesso luogo dove sorge l’attuale centro urbano. I nuclei abitativi tuttavia si distribuivano in vari agglomerati, separati da spazi liberi destinati all’agricoltura e all’allevamento.

L’insediamento di contrada Piano Carbone presentava una grande capanna con la pianta chiusa ad abside, realizzata con pali di legno perimetrali infissi a sostegno delle pareti. All’interno erano scavati silos per la conservazione delle derrate alimentari. Tra il VII e il VI secolo a.C. la gerarchia sociale evolve con l’emersione di guerrieri di rango superiore, come risulta dalla tomba corredata da un elmo corinzio in bronzo e varie armi da taglio o fendente.

Un’altra tomba di guerriero presenta uno scudo di bronzo corredato da un’imbracciatura decorata da raffigurazioni derivanti dalla mitologia greca, che presentano varie divinità in lotta contro mostri e giganti, secondo il prevalente mito di Eracle e la gigantomachia.

Un altro corredo funerario di Piano Carbone, del V secolo a.C., si riferisce a un eroe che cinge una corona d’oro. La cassa era in pietra ricoperta da lastroni di arenaria sagomata e conteneva vari altri corredi principeschi come fibule d’oro e argento di ornamento delle vesti, anelli, armille e un disco di avorio, simili a quelli ritrovati nel villaggio di Melfi Pisciolo. Per le donne si aggiungevano pesi da telaio e fusaiole, per gli uomini cinturoni, paracaviglie, elmi e scudi, spade e lance.

Anche in questo caso sono presenti gli strumenti del banchetto rituale, come utensili da fuoco e vasellame da mensa o da simposio: olle e crateri figurati con attingitoi, candelabri e lucerne. Sono presenti anche morsi equini che attestano il rango di cavaliere del deposto.

Di particolare pregio è un amuleto di ambra. Questa preziosa resina fossile veniva estratta sulle coste del Mar Baltico e, mediante un lunghissimo viaggio, passando per la foce del Po, raggiungeva la Basilicata. Il legame tra l’ambra e il Po è rappresentato dal mito di Fetonte, narrato da Ovidio, in base al quale il figlio del Sole precipitò nel grande fiume e le sorelle, trasformate in alberi, lo piansero con lacrime d’ambra.

Il percorso museale ora apre una parentesi sull’epoca barocca e settecentesca, presentando i saloni Doria e la quadreria della famiglia genovese.

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