I borghi Arbëreshë del Vulture

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Martedì mattina, 29 maggio 1453 il sultano Maometto II, dopo avere conquistato tutti il territorio dell’antico impero romano, sferrò l’ultimo assalto con i suoi terribili giannizzieri alle mura di Costantinopoli. I cronisti raccontano che gli ottomani uccisero l’imperatore Costantino nell’ultimo disperato tentativo di difesa, quindi aprirono un varco presso la Porta d’Oro e si abbandonarono per un intero giorno a razzie di ogni tipo: le donne e bambini furono stuprati e impalati, le chiese bruciate, l’icona miracolosa della Vergine Odigitria fu tagliata in quattro pezzi. Quella sera stessa la grande basilica della Santa Sofia, la Santa Sapienza, divenne una moschea. I veneziani e genovesi superstiti fuggirono con le poche navi rimaste, cariche di profughi di quella che era stata la Nuova Roma.

Solo un condottiero cristiano ancora resisteva nei Balcani, sulle montagne dell’Epiro. Si chiamava Georgio Castriota ed era stato strappato da piccolo alla sua famiglia crescendo nell’esercito del sultano, che lo amava e l’aveva soprannominato il capo Alessandro, in turco Eskander Beg. Presto si ribellò e con questo soprannome, grazie alle sue imprese militari, Georgio Skanderbeg diventò un eroe nazionale del popolo albanese e un campione della cristianità riconosciuto anche in Occidente.

Il papa lo soprannominò atleta di Cristo, mentre il re di Napoli Alfonso d’Aragona, che era il più vicino alla minaccia turca, gli concesse uomini e mezzi per combattere, compresi i feudi di Trani e Monte Sant’Angelo in Puglia. Castriota ricambiò il favore inviando truppe mercenarie, i cosiddetti stradioti, a sostegno degli aragonesi minacciati dal francese Giovanni d’Angiò, che stava tentando di riprendersi il trono di Napoli.

Tuttavia le forze ottomane erano soverchianti e, dopo la morte del condottiero, una dopo l’altra caddero le città epirote. Allora, memori dei legami con la dinastia aragonese e il regno napoletano, molti cittadini albanesi di fede cristiana attraversarono l’Adriatico e sbarcarono in Italia, dove furono accolti benevolmente e invitati a popolare numerose città e casali ormai abbandonati. Così fu anche per il Vulture e, da quel primo nucleo arbëreshë, furono numerosi gli arrivi di albanesi in Italia nel corso dei secoli, fino ai giorni nostri.